Lorenzo Maria Pacini
Oltre alla agenda dei lavori, a Rio ci aspettano alcuni scenari che potrebbe rappresentare un duro colpo allo scacchiere multipolare. Forse sono solo brutte sensazioni, o forse no. Vale la pena rifletterci un attimo.
Dunque, ricapitoliamo
Dove eravamo rimasti? Kazan, Russia, ottobre 2024. In un certo senso, tutto ha compiuto una svolta lì. Dal primo gennaio 2025, con l'ingresso formale nel partenariato geoeconomico dei nuovi membri ratificati a Kazan, la presidenza è passata al Brasile, con decorso per tutto il 2025.
Il BRICS si configura come un'alleanza intergovernativa che si propone come contrappeso all'alleanza liberale dell'Occidente e come uno dei principali canali di passaggio verso un sistema internazionale a carattere multipolare.
Nel secondo dopoguerra, l'Occidente a guida statunitense ha promosso la creazione di organismi internazionali apparentemente volti a facilitare la cooperazione globale. Tuttavia, tali strutture - tra cui ONU, FMI, Banca Mondiale, OMS, OMC, SWIFT, NATO, UE, e il Forum economico mondiale - si sono rivelate strumenti per rafforzare l'egemonia neoliberista occidentale, culminata nell'ordine unipolare post-1990 centrato sugli Stati Uniti.
L'estensione del gruppo BRICS+, avvenuta negli ultimi anni, ha acquisito un ruolo trainante nel processo di transizione verso un nuovo assetto internazionale multipolare. Il modello economico dei Paesi BRICS si sta imponendo come alternativa dominante, rappresentando ora circa il 35% del PIL mondiale. In confronto, il G7 - espressione di potenze storicamente dominanti - è sceso al 30% all'inizio del 2025. Dunque, tradotto: i BRICS hanno la leadership economica mondiale.
Dal primo summit a Ekaterinburg del 2009, di strada ne è stata fatta. I fondatori del 2006, Brasile, Russia, India e Cina, hanno visto l'aggiunta nel 2011 del Sudafrica e la nascita della Nuova Banca di Sviluppo - la cui attività è cominciata nel 2014 -, nel 2023 a Johannesburg la famiglia si è estesa inglobando anche Iran, Etiopia, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Argentina (poi ritiratasi), e nel 2024 a Kazan ha aggiunto Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda e Uzbekistan. Più di 30 Stati hanno manifestato interesse ad aderire tra il 2024 e il 2025. L'Indonesia è diventata membro a pieno titolo a gennaio 2025. Attualmente, il blocco conta dieci membri effettivi e nove partner.
Sull'altro lato, il G7 è composto da Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Giappone. Ci fermiamo qui perché fa già abbastanza ridere.
Ecco alcuni indicatori economici chiave:
- Quota del PIL 35% BRICS (salirebbe al 41% con i partner), contro il 30% del G7;
- PIL nominale: 31,72 trilioni USD per il BRICS contro 51,45 trilioni per il G7;
- Crescita media annua del PIL: 4,2% BRICS contro 1,7% G7;
- Contributo previsto alla crescita globale (entro il 2029): 44,3% BRICS contro 20,1% G7;
- Popolazione: 3,7 miliardi nei BRICS contro 770 milioni nel G7;
- Risorse naturali: i BRICS ne possiedono in misura superiore rispetto al G7;
- Debito pubblico: 62.000 miliardi USD per il G7 contro 14.000 miliardi per il BRICS.
Il BRICS+ continua ad attrarre numerosi Stati grazie alla sua proposta di sviluppo sovrano ed equilibrato, in netta opposizione alla visione occidentale che predilige strutture sovranazionali e un'agenda neoliberista.
Tutti questi elementi confermano che l'unipolarismo neoliberista ha ormai perso la sua efficacia: le istituzioni internazionali costruite per dominare non riescono più a garantire controllo sugli Stati. Parallelamente, l'approccio cooperativo fondato sull'equilibrio tra sovranità e partnership economica sta dimostrando la propria efficienza, promuovendo una stabilità globale che oggi appare più urgente che mai.
Guardando verso Rio
Ora, c'è un piccolo problema (che avevamo previsto a dicembre 2024): il Brasile non si è preso cura dei BRICS+. Dall'inizio dell'anno 2025, Lula non ha curato la promozione del partenariato, perlomeno niente a confronto di come hanno fatto i predecessori.
Le ragioni possono essere varie. Riflettendo in anticipo su ciò che sarà effettivamente l'evento, è noto che il Brasile vive ancora in un'orbita di dipendenza americana, e infatti il meeting ecologista di COP a Luglio ha avuto più spazio del summit BRICS+, testimonianza concreta di una preferenza verso l'Occidente rispetto al Sud Globale e all'Oriente. La leadership di Lula non è stata affatto significativa, anzi non se ne è proprio sentito parlare in termini BRICS.
Due leader degli Stati fondatori del BRICS non prenderanno parte fisicamente al vertice di Rio de Janeiro. Il presidente russo Vladimir Putin, colpito da un mandato di cattura internazionale, parteciperà esclusivamente in videoconferenza per evitare complicazioni diplomatiche con il Brasile. Sarà rappresentato sul posto dal ministro degli Esteri, Sergej Lavrov. Più inaspettata è invece l'assenza del presidente cinese Xi Jinping, che sarà sostituito dal premier Li Qiang, ufficialmente per "impegni precedenti". Si mormora però che la scelta del Brasile di non aderire alla "Belt and Road Initiative", promossa dal suo principale partner commerciale, abbia creato tensioni con Pechino. Inoltre, la Cina non vedrebbe di buon occhio il fatto che il presidente Lula stia organizzando una cena di gala a favore del premier indiano Modi, considerato un rivale strategico di Pechino e prossimo presidente di turno del BRICS.
Le profonde divergenze tra le due potenze asiatiche, India e Cina, hanno da sempre limitato la coesione interna del BRICS. I rapporti bilaterali del Brasile con entrambe rappresentano un segno del suo approccio realistico e pragmatico alla politica estera. Il governo brasiliano vede nel BRICS uno strumento utile per dare voce agli interessi del cosiddetto "Sud globale", ma non lo considera una piattaforma in antagonismo con l'Occidente, al quale sente di appartenere. Allo stesso tempo, Lula punta a rafforzare i rapporti economici e commerciali con l'India, senza vincolarsi esclusivamente alla Cina.
Oltre all'assenza di figure chiave del gruppo, un ulteriore ostacolo per Lula sarà ottenere risultati tangibili durante il vertice. I progressi saranno più probabili su quei temi dove esiste una base di consenso per una cooperazione rafforzata tra i membri del BRICS. Il motto scelto dal Brasile per la sua presidenza del gruppo - "Rafforzare la cooperazione del Sud globale per una governance più inclusiva e sostenibile" - si allinea perfettamente con le priorità che il paese ha posto anche durante la sua guida del G20 nel 2024.
Il Brasile ha identificato sei priorità strategiche che stanno animando il suo intenso programma di eventi e incontri politici e tecnici:
- Salute globale
- Commercio, investimenti e finanza
- Cambiamento climatico
- Governance dell'intelligenza artificiale
- Sicurezza internazionale e architettura multilaterale
- Sviluppo istituzionale
È improbabile che Lula voglia coinvolgere il vertice nei conflitti internazionali in corso. Piuttosto, si impegnerà per includere nella dichiarazione finale formulazioni diplomatiche, non vincolanti, capaci di tenere unite le varie posizioni. Questo approccio riguarda sia la guerra in Ucraina che le tensioni tra Israele e l'Iran, nuovo membro del BRICS, conflitto temporaneamente attenuato.
È chiaro che la varietà e la disomogeneità interna al BRICS saranno ben visibili a Rio.
Il compito di Lula sarà complesso: dovrà far emergere una dichiarazione congiunta nonostante le divisioni interne. Già nell'incontro di aprile, i ministri degli Esteri non erano riusciti a produrre un documento unitario - un fatto senza precedenti nella storia del gruppo. La causa fu il mancato sostegno di Egitto ed Etiopia, nuovi membri, alla candidatura del Sudafrica per un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questo episodio rivela come, pur condividendo l'obiettivo di una maggiore rappresentanza del Sud globale nelle istituzioni internazionali, i singoli interessi nazionali rendano arduo stabilire chi debba ricoprire quei ruoli, minando la capacità del BRICS di incidere sulla riforma della governance globale, almeno per il momento.
Il prossimo evento diplomatico di rilievo per il Brasile sarà la COP30, conferenza sul clima che si terrà a novembre a Belém, nel cuore dell'Amazzonia. In coerenza con l'agenda del vertice di Rio, Lula cercherà di far adottare almeno alcune misure concrete per contrastare il cambiamento climatico. In tale contesto, un ruolo centrale potrebbe essere svolto dalla New Development Bank dei BRICS, guidata dall'ex presidente brasiliana Rousseff, che si è impegnata a finanziare progetti ambientali.
La sfida principale riguarda il fatto che per alcuni membri del gruppo, come Russia e Iran, i ricavi da petrolio e gas sono fondamentali per lo sviluppo economico, rendendo marginali gli impegni ambientali. Anche il Brasile è esposto a critiche in materia climatica, sia per la deforestazione illegale, sebbene in diminuzione, sia per i progetti di estrazione energetica nel suo territorio.
Nonostante tutte queste difficoltà, la linea strategica della diplomazia brasiliana appare stabile: puntare su una cooperazione concreta su temi condivisi, evitando frizioni e cercando formule diplomatiche per gestire le divergenze - specialmente per non deteriorare i rapporti con gli Stati Uniti sotto una possibile nuova presidenza Trump.
L'approccio pragmatico del Brasile rappresenta un'opportunità per Germania ed Europa, che potrebbero intensificare il dialogo e la collaborazione economico-politica. L'accordo UE-Mercosur, giunto finalmente alla fase di ratifica dopo trent'anni di trattative, fornisce lo strumento ideale. La firma ufficiale è prevista per dicembre, quando il Brasile, oltre a concludere la sua presidenza del BRICS, assumerà anche la guida del Mercosur.
E se fosse una trappola?
Oltre alla agenda dei lavori, a Rio ci aspettano alcuni scenari che potrebbe rappresentare un duro colpo allo scacchiere multipolare. Forse sono solo brutte sensazioni, o forse no. Vale la pena rifletterci un attimo. Ecco alcuni scenari:
- Gli USA sfruttano il vertice per colpire i BRICS+. Un inside job tramite il Brasile, tramite alcune scelte di carattere finanziario con la NDB, spaccando la maggioranza che sostiene la de-dollarizzazione controllata. Oppure una rivoluzione colorata nel partenariato, con uno o più membri che cominciano a trainare verso direzioni differenti, rendendo ostica la prosecuzione dei lavori condivisi e l'adozione di alcune risoluzioni. Perché no, magari pure un bell'attentato in stile Hollywood.
- L'agenda globalista dell'ecologismo di COP30 prende il sopravvento, il Brasile si fa foriero delle medesime idee dell'ONU con l'Agenda 2030 e tutti viene rimescolato in un'unica poltiglia.
- L'assenza di Putin e Xi pesa al punto di compromettere l'evento, che diventa una bella occasione per cenare insieme, ma senza peso politico.
- Il problema del sionismo, che interessa molti dei Paesi membri del partenariato, diventa dirimente. Posto all'ordine del giorno, non trova facile soluzione, perché significherebbe accusare, perseguire, smantellare e riformulare strutture politiche di interi Stati. Una bella trappola, congeniata per creare una frattura, un vicolo cieco.
- Leve di ricatto. I Paesi arabi sono arrivati a questo punto con un peso specifico sufficientemente ben posizionato da poter determinare intere votazioni. Gli USA e lo UK giocano dietro le quinte. L'Iran ne esce isolato politicamente ma rafforzato nell'opinione pubblica, dove però i BRICS+ crollano nei consensi e ciò sarebbe una vittoria incredibile per i globalisti. Ricatti anche sul fronte Europa e Africa, dove le oscure trame dei colonialisti si scontrano con gli interessi dei nuovi partner strategici.
Ci fermiamo qua. L'aria che tira a Rio, odorata da lontano, non è buona. L'augurio è che il Summit possa avere grande successo, senza dimenticarsi che c'è un Occidente collettivo in fase terminale che è pronto a fare di tutto pur di veder morire il mondo intero.